PIÙ RICONOSCIMENTO AL VALORE SOCIALE DELL’ASSOCIAZIONISMO E DEL TERZO SETTORE. PIÙ INVESTIMENTI ECONOMICI SULLE RETI SOCIALI
Queste le richieste del Presidente Nazionale delle ACLI Emiliano Manfredonia e del Presidente Nazionale dell’Azione Cattolica Giuseppe Notarstefano, che si sono confrontati a Torino, alla fabbrica delle E, moderati da Letizia Tortello, giornalista de La Stampa, la sera scorsa, 14 ottobre ore 18, “IL SALE DELLA TERRA. Le associazioni e il gusto di stare nel mondo”.
Una serata molto partecipata, in cui sono stati affrontati i principali temi che riguardano le sfide dell’associazionismo in ambito sociale, culturale e ecclesiale, nell’epoca della post pandemia e della ricostruzione delle comunità locali e dei legami.
L’obiettivo dell’incontro è riflettere sul senso dell’azione sociale e sui cambiamenti che l’associazionismo può favorire, come è stato affermato nei saluti iniziali dai Responsabili delle due associazioni di Torino:
“Ci siamo ritrovati a Torino” afferma Raffaella Dispenza, Presidente delle ACLI della Città Metropolitana di Torino “città simbolo del Lavoro, ma anche della paura della mancanza del lavoro, città icona di un tempo che non riesce ad estirpare le cause delle disuguaglianze, ma contemporaneamente di un tempo generativo che, attraverso l’azione della società civile, può costruire opportunità più accessibili per chi rischia altrimenti di restare indietro”.
E il senso di questo dialogo va visto anche in una logica di rete e di impegno ecclesiale: “ Ci siamo resi conto” afferma Matteo Massaia, Presidente di Azione Cattolica Torino “di come la vita delle nostre associazioni sia ancora più importante dopo questo tempo di pandemia. Occorre lavorare per allargare il giro, il lavorare in rete non è più una questione di slogan o di etichetta, è diventato una necessità”.
Qui i passaggi più significativi della serata:
le fratture sociali e umane che ci ha lasciato la pandemia:
“Il nostro modello di sviluppo economico e sociale ci ha consegnato troppe disuguaglianze” afferma Giuseppe Notarstefano (AC), “allora bisogna provare a superare alla radice questo modello, il problema non è solo intervenire con misure di sostegno al reddito per contrastare la povertà, ma lavorare per il cambiamento di questo modello di sviluppo, affinché sia esso stesso inclusivo, sostenibile, rispettoso della natura, capace di restituire una maggiore centralità al lavoro e quindi alla persona.
“Con la pandemia sono emerse una serie di “fratture”, che esistevano già e che si sono rese più evidenti” ha spiegato Emiliano Manfredonia (ACLI)“La pandemia ha agito un po’ come lente di ingrandimento, come acceleratore di alcuni processi: Nel mondo del lavoro è emersa nella sua tragicità la differenza tra chi aveva un lavoro che si è trasformato in smart working e ha potuto dunque continuare, chi ha potuto accedere ad ammortizzatori sociali di protezione, chi già viveva una situazione di precariato, chi ancora risulta un lavoratore ma “povero”, con una reddito non sufficiente”.
Un altro tema affrontato è stato quello del rapporto tra associazioni e Istituzioni, del rapporto generativo che deve essere impostato per ricomporre queste fratture sociali:
Notarstefano (AC) ha affermato “abbiamo bisogno di istituzioni che siano capaci di riconoscere il ruolo della società e cioè abbiamo bisogno di più sussidiarietà, che ci sia più riconoscimento per il valore che viene generato dalle associazioni, per il ruolo sociale che esse svolgono in una logica di welfare circolare sussidiario, cioè un sistema che costruiamo insieme, insieme alle reti familiari, alle reti corte e alle reti lunghe che sono quelle delle associazioni.”
“Serve maggiore riconoscimento nelle politiche concrete” afferma Emiliano Manfredonia (ACLI). “Lo Stato non deve agire come se il mondo del sociale, del volontariato, della cooperazione, della promozione sociale, sia lo spazzino di quello che non riesce a fare il pubblico. Durante la pandemia spesso nei decreti emergenziali non c’era alcun riferimento alle reti sociali e al lavoro che pure il terzo settore stava facendo con grande generosità”. “L’efficacia delle politiche pubbliche dipenderà non solo dalla capacità di spendere bene i Fondi a disposizione ad esempio del PNRR, ma anche dal grado di partecipazione che la società civile avrà fatto” aggiunge Giuseppe Notarstefano.
Ritorniamo a ricomporre relazioni e ricucire il legame sociale:
“Ritorniamo a fare rete alleanza nei territori cioè ritorniamo a ritessere a ricucire il legame sociale attraverso proprio la capacità di mettere al lavoro le persone, alla luce anche di una fiducia che viene dal Vangelo, viene dalla potenza del magistero di Papa Francesco e viene anche dalla consapevolezza che questo è davvero un tempo straordinario di trasformazione” Giuseppe Notarstefano (AC)
Siamo chiesa in uscita nel camminare insieme.
“Io ho il cruccio che siamo spesso cristiani da sacrestia, quando siamo in Chiesa non riusciamo a portarvi dentro i problemi reali della persona, nella carne viva. Se noi siamo una chiesa che vive di spiritualismo, dobbiamo convertirci, la chiesa che noi vorremmo è una chiesa che cammina. Dobbiamo evitare di arroccarci su alcune posizioni rischiando di rompere il dialogo prima ancora che inizi, dobbiamo affrontare anche i temi scomodi posti da chi non la pensa come noi. “Emiliano Manfredonia (ACLI).
“È un tempo in cui ci è richiesta una conversione, dobbiamo vivere una missionarietà che ci mette per la strada e che ci fa accettare di essere cambiati dagli altri. Dobbiamo guardare con più cordialità e con più fiducia a tutte le domande anche scomode che gli uomini e le donne di oggi si fanno. Il Sinodo non sarà una grande convocazione delle persone, dovremmo essere noi capaci di ripercorrere i luoghi della vita, intrecciare dialoghi, percorsi che facciano emergere alcune questioni scottanti che riguardano il senso della vita. Questo tempo che si apre è una grande stagione per educarci all’ascolto.” Giuseppe Notarstefano (AC)
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