L’emergenza dello smaltimento dei rifiuti nucleari è diventata, in questi mesi, di
stringente attualità.
Già a seguito della conversione del decreto Scanzano del 2003, si auspicava la
necessità di individuare, in tempi brevi, l’area sulla quale costruire il deposito
nazionale dei rifiuti radioattivi.
Avevamo quindi accolto con favore le pubblicazioni della CNAI (Cartina Nazionale Aree
Idonee) che, in base ai 15 criteri di esclusione e ai 13 criteri di approfondimento
previsti dall’ISPRA in linea con gli standard della IAEA (International Atomic Energy
Agency) aveva individuato 51 Comuni idonei ad ospitare il deposito.
Pareva evidente, che questo atto, avviasse finalmente un percorso che, dopo il
doveroso confronto con i territori giudicati idonei, giungesse ad una conclusione seria
e scientificamente fondata per l’individuazione del sito di stoccaggio in piena sicurezza
per la salute e la salvaguardia delle popolazioni.
L’Amministrazione di Trino, cogliendo la possibilità offerta, in modo inaspettato e poco
comprensibile da una modifica legislativa, nel gennaio 2024 candidava il proprio
comune ad ospitare il Deposito Unico Nazionale nonostante questo fosse già stato
escluso per ben due volte dalle cartine dei siti idonei (CNAI e CNAPI).
Le motivazioni di tali esclusioni vanno ricercate principalmente nella presenza in zona
di:
aree protette, di zone umide (risaie e falde affioranti che arrivano a 2 m. sotto
il piano campagna);
una faglia con una potenziale sorgente di sismicità già cartografata e
riconosciuta dal database italiano Itaca;
un territorio di tipo alluvionale caratterizzato da un livello piezometrico
affiorante con variazioni di livello stagionale importanti dovute alla
sommersione delle risaie.
Bisogna considerare poi che le conseguenze del deposito nazionale a Trino non si
limiterebbero solamente al comune ospitante e ai suoi dintorni, ma interesserebbero
una zona molto più ampia comprendente: il Vercellese, il basso ed alto Monferrato, il
biellese e la zona ad est di Torino.
L’ipotesi di insediare il deposito nella zona Leri Cavour a poche centinaia di metri dal
Principato di Lucedio, che ha dato il via allo sviluppo della risicoltura italiana nel 1400,
oltre ad avere un forte impatto simbolico, andrebbe a danneggiare il cuore della
risicoltura. Anche in questo caso le conseguenze non coinvolgerebbero solo l’area
trinese, ma un territorio molto più ampio in cui insistono aziende agricole altamente
specializzate su produzioni la cui alta qualità permette a Vercelli di fregiarsi del
riconoscimento di “capitale europea del riso”.
Va ricordato anche che il Monferrato è stato riconosciuto “patrimonio dell’UNESCO”
e certamente l’insediamento di una struttura del genere contrasterebbe con le attività
di promozione del territorio, danneggiando significativamente soprattutto quella
turistica e vanificando l’impegno profuso in questi anni da tanti soggetti pubblici e
privati.
L’eventuale costruzione del deposito comporterebbe poi l’esproprio di terreni agricoli
e la riduzione dello storico parco del “Bosco della Partecipanza”.
Anche il nuovo impianto fotovoltaico adiacente all’ex centrale elettrica “Galileo
Ferraris”, uno dei più grandi del nord Italia ed attualmente in fase di inaugurazione, è
a rischio. Verrebbero così compromesse ulteriori iniziative a favore dell’area, in
particolare interventi di recupero architettonico e funzionale di alcuni edifici nel borgo
Leri Cavour.
Per questi motivi gli uffici della Pastorale Sociale e del Lavoro della regione Piemonte
e in particolare delle diocesi di Vercelli, Biella, Novara e Casale Monferrato accolgono
con favore la revoca della delibera con la quale l’amministrazione comunale aveva
chiesto che Trino fosse inserito nella CNAA (Cartina Nazionale Aree Autocandidate) e
auspicano che l’individuazione definitiva del sito prosegua, senza ulteriori ritardi,
esclusivamente sulla base dei criteri scientifici sino ad ora adottati, ritenendo che non
siano, invece, da perseguire decisioni che rispondano a logiche diverse.
Mons Marco Arnolfo Gaetano Quadrelli
Vescovo delegato Cep per la Psl Responsabile regionale PSL
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