Non aggiungiamo povertà al dolore

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SPUNTI DI RIFLESSIONE

IMPRENDITORI CRISTIANI (UCID Torino e Piemonte)

 PASTORALE SOCIALE E DEL LAVORO (Piemonte e valle Aosta)

In Italia si contano più di 1000 decessi sul lavoro ogni anno e la recente tragedia di Brandizzo ci offre un ulterior’occasione per dire “basta”.

Non si tratta di seguire statistiche e numeri, ci interessano le persone e di conseguenza le modalità con cui possiamo proteggerle.

La maggior parte delle imprese sono serie e attente ai dipendenti, perché sono il primo capitale di ogni azienda grande o piccola che sia.

Forse questa volta le cause sono da ricercarsi oltre l’attuazione delle normative vigenti sulla sicurezza che ogni azienda è obbligata a compiere.

La normativa, e purtroppo la burocrazia italiana sono già abbastanza esauriente tra decreti sulla sicurezza, modelli di organizzazione e gestione, formazione, responsabilità degli enti,…

Guardando alla tragedia di Brandizzo, allora, cosa non ha funzionato?

1) Ogni azione, presa singolarmente, è stata eseguita in modo apparentemente corretto: gli operai facevano manutenzione, l’addetto alla movimentazione vagoni spostava un treno di servizio senza passeggeri. Questa tragedia mette in luce alcune debolezze che dopo la pandemia si sono ancora più accentuate: la non-comunicazione nei processi lavorativi e la superficialità nelle responsabilità.

Come imprenditori, soprattutto se cristiani, dobbiamo impegnarci a diffondere la cultura del lavoro ben fatto, sia nei modi sia nei tempi.

Già nelle scuole si dovrebbe educare alla coscienza civica, abituare il giovane a prevedere, ragionando, le conseguenze dei propri atti. Perché la coscienza civica e il rispetto delle norme valgono per tutti i soggetti, sia che siano datori di lavoro, che esecutori.

La coscienza civica, inoltre, porta a vedere oltre la normativa vigente: ipotizzando che, sia la ditta appaltatrice sia la società committente fossero in regola in materia di sicurezza sul lavoro, la mancanza di comunicazione e coordinamento non avrebbe impedito comunque la tragedia.

2) Dopo eventi tragici in cui perdono la vita le persone, spesso si sente parlare di prevenzione, ma non si affrontano di fatto le modalità con cui questa può essere attuata. Al giorno d’oggi, l’adozione di infrastruttura tecnologica e informatica centralizzata, può supportare tutta un’organizzazione a livello di sistemi di gestione e di controllo per tutte le fasi delle operazioni.

Certo, ancora una volta, è questione di costi. L’adozione di sistemi informatici, come la formazione alla sicurezza stessa, è onerosa per l’azienda. Dovremo allora concentrarci su come aumentare i sostegni all’imprese per rendere più accessibile la loro dotazione. È un ciclo vizioso, perché i minori investimenti in sicurezza, portano a prezzi competitivi per la partecipazione ai bandi pubblici.

3) È bene che ognuno assuma le proprie responsabilità, ma non è ammissibile revocare l’appalto senza attendere i risultati delle indagini della Procura e della magistratura. Per l’azienda in questione, Si.Gi.Fer., si parla di 75 persone che rischiano di rimanere a casa. Noi imprenditori cristiani quando parliamo di dipendenti, parliamo di famiglie. Non si aggiunga povertà al dolore!

In conclusione, per quanto riguarda gli incidenti sul lavoro, l’aumento e il perfezionamento di normative e tecnologie può sicuramente essere utile, ma sarà sempre l’uomo a fare la differenza.

Il pensiero corrente reclama la centralità della persona umana per quanto riguarda il benessere e le condizioni di vita, ma l’importanza dell’essere umano deve essere centrale a partire dalla responsabilità di ognuno.

Come ha ricordato Papa Francesco: “La sicurezza dei luoghi di lavoro significa custodia delle risorse umane, che hanno valore inestimabile agli occhi di Dio e anche agli occhi del vero imprenditore” (20 gennaio 2022)

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